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La Cassazione “smonta” il nuovo Codice della strada

Rassegna Stampa: 28/01/2025 di Mario Catania – Fonte “DOLCE VITA” : https://www.dolcevitaonline.it/cassazione-smonta-nuovo-codice-della-strada/

Secondo una recente sentenza bisogna provare l’alterazione psicofisica, mentre i test potrebbero generare falsi positivi

Una recente sentenza della Cassazione “smonta” le parti più importanti del nuovo Codice della Strada per quel che riguarda l’alterazione psicofisica e i test antidroga previsti dalla nuova legge entrata vigore il 14 dicembre 2024.

COSA DICE IL NUOVO CODICE DELLA STRADA

Il nuovo Codice della strada, entrato in vigore lo scorso 14 dicembre, prevede che non si debba più provare l’alterazione psicofisica del guidatore, ma basti un test antidroga positivo. La nuova legge, dunque, innanzitutto non tiene conto delle centinaia di migliaia di pazienti che, per trattare la propria patologia, assumono farmaci stupefacenti, e inoltre porterebbe al ritiro della patente e alla multa fino a 6mila euro anche a persone che, perfettamente capaci di intendere e volere al momento del fermo, hanno tracce di stupefacenti nei propri liquidi biologici.

In questi giorni è arrivata una sentenza della Corte di Cassazione che fa riferimento alla legge precedente, ribaltando però due aspetti fondamentali della nuova legge.

COSA DICE LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

La sentenza n. 2020/2025 ha innanzitutto stabilito che «gli esami ematici hanno un’affidabilità di gran lunga maggiore, rilevando la presenza di sostanze che, al momento dell’accertamento, per il fatto di essere in circolazione nel sangue, sono suscettibili di provocare lo stato di alterazione richiesto dalla norma incriminatrice, come pure più volte evidenziato da questa Corte (per l’affermazione secondo cui l’esame ematico, a differenza di quello delle urine, ha una valenza probatoria prossima alla certezza quanto all’attualità degli effetti di alterazione dati dal principio attivo assunto)».

Non solo, perché la sentenza mette nero su bianco che per valutare l’effettiva alterazione psicofisica di un conducente, è necessario un controllo globale del suo comportamento. Gli agenti delle forze dell’ordine devono considerare anche fattori come la coordinazione dei movimenti, l’eloquio e lo stato emotivo della persona (ad esempio, se è visibilmente agitata o euforica), per accertarsi che la persona non stia guidando sotto l’effetto di sostanze che ne compromettono la capacità di controllo del veicolo.

L’ALTERAZIONE PSICOFISICA

Ma anche sulla questione dell’alterazione la sentenza mette dei punti fermi che è impossibile non ignorare. Innanzitutto i giudici scrivono che: «A rilevare non è la condotta di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psicofisica determinato da tale assunzione“. Secondo la Cassazione, infatti, «ne deriva che la mera alterazione, tale da incidere sull’attenzione e sulla velocità di reazione dell’assuntore, di per sé non è rilevante, se non se ne dimostra l’origine».

COSA DICE LA SENTENZA PRECEDENTE

Sul tema dell’alterazione psicofisica nel 2019 si è già espressa la Corte di Cassazione con una sentenza che non lascia spazio ad interpretazioni. Secondo la sentenza, infatti, «Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187, comma 1, c.d.s., (quello della guida in stato di alterazione a causa di stupefacenti, nda) non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida subito dopo aver assunto sostanze stupefacenti, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione psicofisica causato da tale assunzione».

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 12409/19, mettendo nero su bianco che non basta la positività, ma che debba essere dimostrata l’effettiva alterazione alla guida.

Cannabis, dal dolore all’anca all’insonnia: quando gli anziani si curano con la marijuana

Rassegna Stampa: del 30 Settembre 2024 di Michele Bocci Fonte: https://firenze.repubblica.it/cronaca/2024/09/30/news/cannabis_anziani_dolore_insonnia_cure-423527044/

I dati di Pisa, dove sono seguiti circa mille pazienti. In 50 hanno più di 90 anni

Dolore al ginocchio, all’anca, problemi di artrosi: la cannabis terapeutica è una risorsa per i pazienti anziani con problemi cronici, quindi per trattamenti anche prolungati. Anche di oltre 90 anni. A Pisa sono centinaia in trattamento con la marijuana, all’interno di un gruppo ampio, di quasi mille persone, che vengono seguite utilizzando i due principi attivi principali della canapa, cioè il cbd e il thc (considerato sostanza stupefacente perché psicoattivo).

Un’alternativa terapeutica

Sono ormai dieci anni che la cannabis terapeutica è entrata nel sistema sanitario italiano e Giuliano De Carolis, anestesista algologo della terapia del dolore dell’azienda ospedaliera pisana e della “pain unit and palliative care” della casa di cura San Rossore di Pisa, traccia un bilancio. In pochi in Italia hanno i suoi dati in fatto di pazienti anziani. “Di solito, per queste persone il dolore cronico si tratta con farmaci come il cortisone o gli oppiacei, oltre a quelli specifici per l’artrosi. Il problema è che danno effetti collaterali, ad esempio di disidratazione”. La cannabis ha permesso di sviluppare un’alternativa terapeutica efficace.

Come si usa

Oggi si usa prevalentemente sotto forma di olio, gli infusi, che alcuni anni fa erano molto utilizzati, rappresentano ormai il 10% delle preparazioni. “Il paziente assume l’olio con il cucchiaino, oppure lo versa su un biscotto o su un pezzetto di pane”, dice De Carolis. I vantaggi della sostanza, spiega il medico è che “agisce su più aspetti, quindi non riduce solo il dolore. Ad esempio favorisce l’appetito e anche il riposo notturno. Ha effetti sulla sfera psicologica perché è rilassante”. A Pisa stanno raccogliendo i dati dei pazienti. Sono ormai arrivati a oltre duemila, circa la metà dei quali vengono seguiti in questo momento. “Abbiamo anche ultra novantenni, una cinquantina, che traggono beneficio dalla cannabis”.

“Meno effetti collaterali”

La cannabis di solito non è la prima scelta contro il dolore cronico. Si parte con terapie diverse. “Ma appunto gli effetti collaterali poi spingono verso questo farmaco – dice De Carolis – che, come sempre succede con i medicinali, non funziona su tutte le persone a cui lo somministriamo. Ma quando è efficace dà ottimi risultati”. Il medico spiega anche che in questo periodo l’approvvigionamento va abbastanza bene. Negli anni ci sono stati problemi produttivi, da parte dello Stabilimento Chimico farmaceutico di Firenze, e di importazione dall’estero. “Oggi va meglio, altre volte a fine anno eravamo già in difficoltà”.

La legge del 2015

In Italia, l’uso terapeutico della cannabis è regolato dalla legge 242 del 2015, che ha consentito l’accesso alla terapia. Secondo la legge italiana, la cannabis terapeutica può essere prescritta dai medici specialisti in determinate condizioni mediche, come il dolore cronico, la sclerosi multipla, l’anoressia, l’epilessia grave, il glaucoma e altre sindromi neurologiche. Nella pratica quotidiana, i medici la utilizzano anche per altri problemi.